Tutto ebbe inizio quando, a pochi mesi dalla nascita del nostro secondo figlio, il piccolo Carlo, nato l’8 novembre 2017, iniziammo a capire che in lui ci fosse qualcosa di anomalo.
Da genitori è inevitabile fare paragoni per quanto riguarda le “tappe della crescita” dei propri figli. Avendo accumulato esperienza di madre con il fratello di quattro anni più grande, iniziai a porre con insistenza al pediatra una domanda, e cioè quale fosse il motivo per cui Carlo non muovesse la testa e soprattutto gli occhi verso i giochi che gli venivano proposti. La risposta che ricevevo era sempre la stessa: “ Il bambino è sanissimo, non faccia paragoni! Ha bisogno dei suoi tempi. Ogni bambino è diverso”.
Così passarono i giorni ma, insieme ad essi, non passavano i miei pensieri negativi che anzi, mi rendevano impossibile dormire sonni tranquilli.
Arrivò marzo e, con esso, anche la mia intenzione di andare a fondo e di capire se fossi io paranoica o se, come purtroppo è stato, il mio istinto materno avesse ragione.
Insieme a mio marito decidemmo di andare all’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù per sottoporre il nostro piccolo Carletto a tutta una serie di esami fino a quando, a luglio, i risultati ottenuti conclusero che potesse trattarsi di una malattia genetica retinica. La diagnosi definitiva arrivò ad agosto quando, dal Tigem di Pozzuoli (Telethon), il prof. Banfi ci confermò che nostro figlio era affetto da Amaurosi congenita di Leber a causa di una mutazione del gene CRX (una mutazione «de novo», non ereditaria). In poche parole, ne avemmo conferma: “Carletto non aveva mai visto la sua mamma e il suo papà…. Carletto è un bimbo cieco”. Inutile cercare di spiegare quello che provammo nei mesi seguenti, inutile e impossibile descrivere come ci si senta quando si scopre di essere genitori impotenti e di non avere il controllo sulla salute del proprio figlio. Il mondo ti crolla addosso… ma noi non ci siamo arresi e ci siamo semplicemente spostati…

Il nostro obiettivo era chiaro ora: avremmo dovuto metterci nelle condizioni di poter conoscere tutto sulla malattia per tentare di arrivare a una soluzione.

Non ci perdemmo d’animo e dentro di noi la disperazione si trasformò in forza.

Consigliati e guidati dal prof. Sandro Banfi, contattammo ricercatori in giro per il mondo, prendemmo aerei e girammo ospedali. Nonostante ci sembrasse tutto così difficile e impossibile e nonostante fossimo entrati nell’ottica che, probabilmente, non si sarebbe mai trovata una cura, finalmente vedemmo una luce, una speranza, una risposta alle nostre preghiere.

Dagli Stati Uniti un ricercatore ci informò di essere impegnato, con risultati promettenti, in una ricerca di fase pre-clinica attinente proprio la malattia di nostro figlio.

È così che è nata “OPSOMAI” dal greco antico significa “io vedrò”.

Un’associazione che ha come scopo quello di raccogliere fondi per la ricerca delle malattie genetiche rare retiniche e, come primo obiettivo, contribuirà a sostenere finanziariamente il progetto per la Amaurosi congenita di Leber con mutazione del gene CRX, la malattia che ha colpito anche Carlo.

Tanti bambini, così come Carlo, hanno bisogno di un aiuto concreto ed immediato, il tuo!